22 MAGGIO 2013 – IL FIGLIO MINORE DEVE AVERE LIBERO ACCESSO AD ENTRAMBI I GENITORI: SE COSÌ NON È, È NECESSARIO ACCERTARE CAUSE E RESPONSABILITÀ PER ATTUARE RIMEDI ADEGUATI

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La Corte di Appello di Brescia ha deciso, con decreto del 3 maggio 2013, il giudizio di rinvio della nota questione del ‘bambino di Cittadella’. La Corte di Cassazione aveva, infatti, annullato il precedente decreto con il quale era stato stabilito che il figlio fosse allontanato dalla madre: allontanamento avvenuto con modalità brutali e degradanti che CamMiNo aveva già stigmatizzato.

La Corte di Cassazione aveva ritenuto che i giudici veneti si fossero, in un certo senso, ‘appiattiti’ su una Consulenza Tecnica d’Ufficio che aveva ritenuto sussistente, nel caso concreto, la discussa Sindrome di Alienazione Parentale, la cui validità scientifica è oggetto di acceso dibattito.

Il provvedimento della Corte di Appello di Brescia, pur arrivando alla stessa conclusione di inopportunità del collocamento del bambino presso la madre, modula la sua motivazione su tutt’altro piano: indaga con attenzione il caso concreto, esamina il comportamento materno e paterno e, mentre ritiene quest’ultimo immune da disfunzioni pregiudizievoli per il figlio, individua in quello della madre una sequenza univoca di azioni ed omissioni tutte volte a non garantire al bambino il libero accesso alla figura paterna.

Individua, inoltre, i confini della necessaria tutela del figlio minorenne: il suo diritto alla bigenitorialità, definito patrimonio prezioso; la necessità di proteggerlo dal dolore che la mutilazione di una figura genitoriale comporta e di evitare le conseguenti deviazioni nel suo corretto sviluppo psico-fisico.

Ritiene, quindi, che vi sia responsabilità materna nel rifiuto del figlio alla relazione con il padre ma, pur collocando il bambino presso di questi, statuisce un’ampia frequentazione con la madre, figura essenziale di riferimento.

La sentenza, nella rigorosa analisi degli eventi, e nella corretta ricerca delle responsabilità nell’eziogenesi del rifiuto del bambino, costituisce una pietra miliare nel percorso verso la definizione, dal punto di vista giuridico, del crescente fenomeno delle situazioni di rifiuto di una delle figure genitoriali da parte del figlio minorenne: tale rifiuto è di solito motivato dal comportamento disfunzionale di uno dei due genitori. Può essere anche il genitore rifiutato ad aver messo in atto comportamenti maltrattanti; più frequentemente (ma la frequenza statistica non può divenire pregiudizio o presunzione) è l’altro genitore –di solito convivente- che, con messaggi denigratori dell’altro genitore,  pone in atto una lenta e inesorabile strategia di allontanamento del figlio, invischiandolo in un rapporto simbiotico che ne compromette il sano sviluppo psico-fisico.

E’ necessaria un’attenta analisi della situazione, come insegna la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, per individuare le responsabilità e porre in essere tutele adeguate per quella specifica persona di età minore in un equo bilanciamento degli interessi, che veda sempre prevalere il suo interesse, secondo quanto previsto anche dalla Carta di Nizza (art. 24).

CamMiNo

Camera Nazionale Avvocati per la Famiglia e i Minorenni

Da domani i soci in regola con il pagamento della quota annuale di iscrizione a Cammino troveranno il decreto nell’area riservata soci.

 
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comunicato